È molto raro, ma un
attacco di panico, di paura, di ansia, di agorafobia, di claustrofobia
possono manifestarsi durante l’E.Co.A.
(Escursionismo Coscienziale Autopoietico)
e, in particolare, durante la
progressione in forra.
Che ciò accada è raro, perché, di solito, chi nella vita quotidiana ha evidenziato di produrre attacchi di paura di quel genere
tende a non assumere, a non partecipare ad un E.Co.A.
e, men che meno, a recarsi in forra.
Può capitare a persone che sono inconsciamente predisposte e che decidono di recarsi a fare un’escursione o una progressione in forra o in grotta,
per provare un’esperienza nuova!
Per questo motivo, sono molto più a rischio le organizzazioni commerciali, quelle che accompagnano per una sola volta l’escursionista-torrentista che
vuole provare l’esperienza (…).
Tuttavia,
è accaduto che anche escursionisti e torrentisti, ben collaudati
e di lunga esperienza, in situazioni di pericolo elevato,
abbiano scatenato un attacco di panico.
Ho scritto questo articolo, perché ho motivo di ritenere che l’Istruttore di escursionismo e di torrentismo, spesso, si trovi nella situazione di non sapere proprio che
cosa fare, come operare, come agire,
in caso di un attacco di panico, di ansia di paura,
vero,
in forra.
Durante gli E.Co.A., in particolare durante il To.Co.A. (in forra), la situazione è diversa: in base alla mia esperienza, le crisi, gli attacchi di paura, di ansia, di panico sono sempre preceduti da una serie di comportamenti, di azioni e cause ben individuabili, confermate dagli stessi torrentisti che li hanno vissuti.
Una prima informazione utile è che la crisi, l’attacco di paura, di panico (…), di solito
non dura mai più di trenta minuti!
I sintomi osservati in forra sono stati i seguenti:
- paura abbinata a disagio intenso.
- vertigini e paura di cadere
- tremore
- respirazione superficiale e veloce
- sudore
- tachicardia
- sensazione di soffocamento e asfissia
- nausea
L’attacco di panico dà specifiche informazioni sulla persona che lo veicola e lo esprime, ma durante un’escursione e, soprattutto, in forra, non è proprio il caso di evidenziare ed analizzare quella componente che, comunque, consiglio di verificare e di elaborare con esperti, dopo essere usciti dalla forra e, sicuramente, prima di riprendere altre uscite.
Per le esigenze dell’Istruttore To.Co.A., in generale, è necessario conoscere i motivi fondamentali in conseguenza dei quali l’escursionista, il torrentista, potrebbe produrre quegli stati di crisi.
Il primo aspetto, fondamentale e semplice, che si riscontra sempre, è che quel torrentista, inconsciamente o consciamente,
produce paura: ha paura!
Cito un episodio, veramente accaduto!
Durante un’uscita con torrentisti alla prima esperienza in forra, è accaduto che dopo il primo salto e dopo aver recuperato la corda, una di loro si rese conto che era proprio vero quello che aveva ascoltato, durante la lezione teorica (e che aveva sottovalutato): da quel momento in poi,
non si poteva più tornare indietro
e doveva necessariamente andare avanti, progredire.
Si rese conto di trovarsi in una forra stretta, con il torrente impetuoso che la spingeva, a volte, senza possibilità di poter contenere la pressione dell’urto. Arrivati a una calata di trenta metri, capii che avrebbe dovuto, necessariamente, affrontarla. Tutte queste percezioni e riflessioni
scavarono profondamente in lei, esattamente come
l’acqua del torrente ha fatto con la roccia.
Cercò di contenerle e di controllarsi, ma la tachicardia, il sudore freddo, l’aumento della frequenza respiratoria, le folate d’ansia le indicavano che stava per accadere qualcosa, in lei. Voglio comunicare che l’inconscio e il conscio di quella torrentista reagì in quel modo a quel contesto:
disse di sentirsi impotente e di non essere in grado di controllare quell’evento.
Spiego.
Quella ragazza reagì a quel contesto con un picco di paura, perché sentiva e riconosceva di non poter rispondere, in quell’occasione, con il classico
meccanismo di evitamento della situazione considerata pericolosa
(doveva obbligatoriamente andare avanti e, quindi, non poteva evitarla).
Quella situazione le richiamava la
continuità di pericolo che non poteva evitare.
Ciò le fece perdere il controllo delle emozioni, dei pensieri, dello stato psico-somatico in circolo. Si sforzò di gestirlo, ma la continuità di constatazione, trovarsi in forra, di fronte ad abissi, continuava. Esattamente nel momento in cui
la misura dell’intensità di gestione arrivò ad essere meno intensa,
rispetto all’intensità della proiezione di paura,
il suo sistema psicosomatico non resse:
la vista di una calata, nel momento in cui le due intensità si equivalsero fece da detonatore all’esplosione dell’attacco di panico
(la paura divenne più intensa della produzione della sua gestione).
Spiego meglio.
Paradossalmente, fu proprio il tentativo di controllare la paura e l’allerta da situazione (senza uscita, doveva progredire) che, di fatto, interferì sui suoi diversi parametri fisiologici, alterandone il naturale funzionamento, modificando la respirazione, il battito cardiaco e
innalzando il proprio livello d’ansia-paura
che proiettò nella situazione.
Ma, siccome la situazione, investita da sue proiezioni di pericolo, proseguì, ecco che, necessariamente, entrò in un circolo vizioso: sentì l’alterazione psico-somatica e la collegò ancor più alla paura: spaventandosi ulteriormente, modificò i propri parametri vitali e li esasperò. Fu, quindi, necessario destrutturare e interrompere (con forza e determinazione perentoria) quel loop perché se non lo avessi fatto avrebbe potuto
continuare a produrre picchi di ansia, di paura, di panico.
Riprendiamo.
Durante la progressione, il torrentista mette in atto tutta una serie di azioni volte a controllare, gestire ed evitare di produrre la paura e, quando questa è, per così dire, nel naturale dosaggio, è perfino produttiva, in quanto, simultaneamente, costringe l’Io ad abbinare una maggiore attenzione al contesto, cosa che, ovviamente, in forra non soltanto è giusta, ma anche auspicabile.
Nell’Io-psyché del torrentista che produce l’attacco di panico si individuano sempre conflitti psico-somatici in essere che, in quella situazione (la forra), sono più intensi e spesso
investiti di irrisolvibilità.
È ovvio che, durante una progressione in forra, non è possibile
rendere coscienti nell’immediato tali conflitti
e non sono quindi possibili ri-elaborazioni che dovrebbero creare maggiore capacità di gestione di sé. È necessario, quindi, elaborare un
sistema di intervento immediato,
da applicare al momento in cui si manifestano i picchi di ansia, di paura, la crisi, per poi, ovviamente, una volta usciti, orientare il ricercatore verso un buon psico-terapeuta.
La crisi di panico prodotta in forra equivale alla
remissione della capacità di auto-contenimento dei picchi di ansia, di paura prodotti che innescano, quindi, disfunzionalità dell’Io-psyché,
evidenziando, appunto,
l’attacco di panico.
Non appena si palesano i sintomi (dolore al petto, pelle arrossata, batticuore fortissimo, respiro molto difficoltoso, ansia-paura che cresce a panico, a terrore con blocco dell’azione…), il torrentista e l’istruttore dovranno intervenire nel seguente modo:
- Invitare il torrentista che sta producendo l’attacco di panico ad assumere la postura supina, braccia laterali e naturalmente lungo il corpo. Praticare nove respirazioni profonde:
- fare una lunga espirazione (almeno 7 secondi)
- inspirare dal naso quattro secondi (sentire l’aria-ossigeno che entra, arriva ai polmoni, raggiunge la pancia, gonfiandola, fino a percepirla sul perineo –tra scroto-vagina e ano-
- restare in apnea per almeno tre secondi
- espirare per almeno cinque secondi seguendo l’aria-ossigeno che dal perineo, attraversa la pancia, poi i polmoni fino a sentirla uscire dalla sutura coronaria e immaginando che si espanda, scaricando, oltre il corpo, fino al massimo possibile
- restare in apnea per almeno tre secondi
- riprendere con l’inspirazione come al punto b.
(durante l’attacco di panico, il respiro si accorcia, per cui la sequenza sopra proposta se ben somministrata e praticata contribuisce a ripristinare la normalità; respiratoria).
- L’istruttore invita il torrentista a dire per tre volte, ad alta voce,
sto creando un attacco di panico
(lo scopo è soltanto quello di far prendere piena coscienza, di far assumere al torrentista che sta producendo un attacco di panico in quella peculiare situazione ).
- L’Istruttore invita il torrentista a prendere coscienza dei pensieri che in quel momento sono in circolo e a verbalizzarli ad alta voce, come
- Sto per morire,
- sento che nessuno può aiutarmi,
- sto per svenire.
- Il torrentista verbalizzerà ad alta voce i propri.
- Dopo che il torrentista ha verbalizzato i pensieri in circolo, l’istruttore lo invita a ripetere le
nove respirazioni profonde
(durante le respirazioni invita il torrentista a sentire come quei pensieri possano defluire insieme all’espirazione)
- Dopo quanto di cui al punto 4, l’istruttore invita il torrentista a contare a ritroso da novanta a zero, procedendo di tre in tre, con il massimo dell’attenzione: 90, 87; 84; 81; 78 e così via (serve a disidentificare l’Io-psychè dal fluire, talvolta parossistico, dall’ansia, della paura e dai pensieri in circolo, attraverso un impegno pensato).
- Praticare ancora nove respirazioni profonde nel seguente modo:
L’istruttore nomina, in sequenza, le diverse parti del corpo:- Piedi-gambe
- tronco
- braccia-mani
- collo-testa
- tutto il corpo
- tutta la psyche.
Il torrentista
-
- ad ogni denominazione inspira nel modo indicato sopra e simultaneamente contrae al massimo quella parte;
- resta in apnea, aumentando la contrazione
- espira, rilassando profondamente quella stessa parte, sentendo di scaricarla rimanendo in stato di rilassamento
- (tra una denominazione e l’altra, l’Istruttore lascia passare non meno di 20 secondi, non più di trenta secondi)
- Se necessario ripetere l’intero ciclo, fino a che il torrentista non verbalizzi che sente l’intensità della crisi ridotta.
Riprendere la progressione in forra invitando uno dei componenti del gruppo più esperto ad assistere il torrentista in difficoltà comunicando, con continuità, con lui-lei.
Comprendo che in quel contesto la tecnica possa essere letta come difficoltosa e relativamente lunga da somministrare, ma può essere funzionale per creare la condizione per poter raggiungere senza ulteriori difficoltà e pericoli, una via di fuga o l’uscita stessa dalla forra.